“Libro di candele 267 vite in due o tre pose” di E. Baroncelli

Quando nel 2008 uscì la sua seconda fatica letteraria Libro di candele 267 vite in due o tre pose la biografia di Eugenio Baroncelli, ravennate classe  ’44, era sconosciuta ai più.

Oggi, a quasi cinque anni di distanza e un premio Mondello, quella prima raccolta di biografie diventa la pietra miliare di un progetto ben più ampio di cui l’autore si sta facendo carico, come testimonia l’uscita dei due libri: Mosche d’inverno 271 morti in due o tre prose del 2010 e Falene 237 vite quasi perfette uscito nel 2012.

ImmagineIl lavoro di ricerca intellettuale che Baroncelli ha compiuto è degno degli “illuminati” enciclopedisti francesi, che si proponevano di racchiudere tutto il sapere, accumulato dall’umanità prima di loro, in 35 volumi.

Eugenio Baroncelli non si spinge a tanto, ma mosso dalla voglia di vivere la vita di altri o semplicemente di raccontarla, ha redatto 267 biografie, «alcune brevi, altre brevissime», divise in sedici sezioni, somiglianti ad un vasto catalogo tascabile dell’umanità.

Si spazia dagli “Amanti” a “Exitus” passando per gli “Incurabili”, si trovano insieme Seneca, il filosofo, e Linda Lunari, un’anonima habituée degli aeroporti, da Eugenio Montale a Evaristo Suarez, il baro, trova posto persino la biografia del padre di Eugenio, Mario Baroncelli, fra i “Fantasmi” in buona compagnia fra un gruppo di anonimi orafi aztechi e Giovanni XXIII.

Con la sua bravura nell’ammaliare il lettore, farlo sentire vicino al vissuto dei personaggi di cui racconta, siano questi protagonisti di una vita epica e avventurosa, grandi intellettuale, piazzisti, fumatori incalliti o illusionisti, riesce a non far rimpiangere tutto il non detto, eliso per questione di spazio.

Questo libro ricorda una fotografia più famosa del titolo che porta, «Bacio davanti all’Hotel de Ville» opera di Robert Doisneau, fotografo di Gentilly, per due motivi: il primo è la sua immediatezza, il ragazzo e la ragazza, in bianco e nero, in una Parigi in movimento, il loro bacio sospeso fuori dal tempo non ha bisogno di spiegazioni, diventano immediatamente il centro naturale della scena e questo ci porta al secondo motivo, le foto di Doisneau come le biografie di Baroncelli sono frutto di un lungo e metodico lavoro di ricerca.

Con la pazienza e il dispotismo che caratterizzano il fotografo, l’autore cesella le vite dei personaggi per sceglierne i tratti salienti e coglierne gli elementi caratterizzanti, poi scatta due o tre pose, non di più, e ciò che rimane fuori dall’inquadratura non ha motivi per essere rimpianto.

Robert Doisneau rivelò che il camaleontismo, il saper scomparire nell’ambiente che lo ospitava, è stata la sua più grande fortuna, che solo trascorrendo lunghe giornate fermi nel luogo prescelto si poteva sperare di fermare un attimo di bellezza nel caos del quotidiano.Bacio davanti all'Hotel de Ville

Eugenio Baroncelli ci confida che la più grande paura del biografo è quella che a forza di ricostruire, indagare e raccontare la vita di altri, si possa smarrire la propria identità ed è forse un pò anche per questo che l’autore «Dimostra vera una legge malinconica: che non c’è scrittore più autobiografico del biografo.» (Luigi Leone Carbone)

Un libro che si approccia come si farebbe con una festa piena di sconosciuti: possiamo limitarci ad una lettura sommaria, accontentandoci di un nome e una stretta di mano o possiamo tuffarci, una biografia alla volta, cercando di dare un volto, una voce a quelle poche righe che non ci dicono niente altro che: «Tutte le vite hanno una storia, ma poche vengono scritte.» (P.O. Enquist)

Edoardo Romagnoli

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