MALAgrottEsco

Roma, Sabato 6 Aprile

Quando si parte si hanno in testa alcune cose che si vogliono vedere, siano esse scorci, monumenti, musei, oggi siamo partiti un po’ così come una famiglia di tedeschi che si mette in macchina per visitare Pisa con la torre in testa, solo che la nostra Pisa era Malagrotta e la nostra torre, la sua discarica.

ImmagineLa discarica fa parte di quelle infrastrutture che vengono denominate sotto l’acronimo NIMBY, Not in My Back Yard, che più o meno significa, “non nel mio cortile di casa”, quelle infrastrutture della cui funzione essenziale tutti si rendono conto, ma che nessuno vuole vicino casa.

Ma quello di Malagrotta non è solo un caso di NIMBY, quella di Malagrotta è una storia complessa, specchio delle molte cose che non vanno in questo paese.

Malagrotta, dal latino mola rupta (mola rotta), si trova nel Municipio XVI, a venti minuti dal Colosseo in direzione Ovest, nella zona urbanistica di Piana del Grano, compresa fra Fiumicino, Ponte Galeria e Piana del Sole.

Una ridente frazione di Roma immersa nel verde della campagna che a differenza di Ariccia, Frascati o Artena, non è famosa per la porchetta, per il vino o per il pane, si ritrova suo malgrado celebre perché da 35 anni ospita la maggiore discarica di Roma che, negli anni, è diventata la più grande d’Europa.

Arriviamo nel primo pomeriggio e c’è un bel sole, sarà per la suggestione del momento, ma dalla prima boccata d’aria che prendo uscito dalla macchina, l’aria mi sembra viziata e a tratti sembra proprio puzzare.

La discarica sembra non esserci, si vede l’impianto della raffineria, ma della discarica neanche l’ombra, solo dopo scopriremo che ce l’avevamo tutta attorno, lei ci aveva trovati prima che noi trovassimo lei, le eravamo finiti dritti nella pancia e continuavamo a chiederci dov’era.

Intenti nella nostra ricerca veniamo fermati dalla polizia:

“ Di qui non si può passare, la strada è bloccata. C’è una manifestazione.”

Bingo! Il tempo di riprendere la macchina e fare il giro lungo che siamo dietro all’esiguo corteo che da Ponte Galeria percorre una stradina interna, puntando dritto verso la discarica.

Quello che appare sin da subito è la freddezza del corteo, oltre al fatto che si presenta frammentato in tre pezzi, in testa il comitato Rifiuti Zero, con i cittadini del posto, dei quali molti stranieri, subito dietro un centro sociale con la bandiera rossa e per concludere, prima dei carabinieri che scortavano il tutto, una rappresentativa di Casapound.

Immagine

Camminiamo a passo svelto e superiamo prima i Carabinieri, poi i fascisti del terzo millennio, poi i compagni del 2013, fino ad arrivare al comitato Rifiuti Zero, nella folle rincorsa ci scorta una donna sulla quarantina, una residente del luogo con cui abbiamo scambiato due chiacchere appena arrivati.

Ad un certo punto, probabilmente non riuscendo ad inquadrarci o semplicemente incuriosita, ci chiede: “ Quale gruppo state raggiungendo ragazzi?”

L’impressione che si percepisce sta tutta qua, questa non è una battaglia comune, sembra piuttosto che queste manifestazioni, oramai settimanali, si reggano in piedi su due interessi contrapposti: il primo è quello ovvio e sacrosanto dei residenti, che lì abitano e lì non vogliono convivere con la spazzatura, l’altro è quello della politica che non vuole perdere nessun appuntamento per non sentirsi rinfacciare dall’avversario un’assenza ingiustificata, ma che non sembra che abbia molto di più da offrire.

La discarica di Malagrotta si estende per 240 ettari, che accoglie dalle 4.500 alle 5.000 tonnellate di rifiuti al giorno, fra i quali anche i rifiuti speciali dei due aeroporti di Ciampino e Fiumicino, e produce 330 tonnellate di percolato e scarti all’anno.

L’interesse verso questo sito è nato dopo aver letto la sua cronistoria, un racconto che abbraccia più di tre decadi della storia recente nel quale la politica, lì dove è stata chiamata a risolvere, non ha fatto che rimandare.

I problemi per Malagrotta, iniziano a cavallo fra il 2003 e il 2004, in coincidenza con la saturazione degli altri tre impianti presenti nella provincia romana: quello di Albano Laziale, di Bracciano e di Guidonia.

In questo periodo la mole di rifiuti che giunge a Malagrotta aumenta del 6%, un incremento che porta, nel 2004, alla saturazione della discarica, alla quale l’amministrazione regionale ovvia decretando un allargamento del sito.

Una normativa europea, che non permette lo stoccaggio di materiale grezzo, non trattato, in discarica, avrebbe dovuto far chiudere l’impianto entro il 31 dicembre 2007, ma ancora una volta, interviene la politica e proroga, per ben due volte.

La prima proroga proviene dal Commissario straordinario per l’emergenza dei rifiuti, Piero Marrazzo, che stabilisce come data ultima maggio 2008, la seconda dal Governo Prodi, che indica nel dicembre 2008 come termine ultimo.

Quella che era una cava oggi, di proroga in proroga, è diventata una collina alta 46 metri, nella quale per altro si continuano a scaricare rifiuti di ogni sorta, materiale che, secondo alcune stime, viene trattato solo per il 20% del volume complessivo, una noncuranza certificata dalla denuncia che la commissione europea ha presentato alla corte di giustizia nel marzo di quest’anno, dove si denuncia lo stato di degrado e di emergenza in cui versa la discarica.

Riprendendo l’Aurelia per tornare verso casa mi è stato chiaro che, come spesso accade, per capire l’origine di un evento, bisogna percorrerlo a ritroso, bisogna tornare a monte.

Ecco era un po’ quello che stavamo facendo, perché percorrendo la strada verso Malagrotta a ritroso si arriva a Roma, questa città da quasi 3 milioni di abitanti rappresenta il “monte” del nostro problema.

Una città che ricicla al 24%, quando Torino è al 45% e San Francisco al 78%, che ha sperimentato alcune buone soluzione, pensiamo alla positiva esperienza della raccolta porta a porta a Trastevere, ed altre pessime idee come la raccolta bifase o il ritorno ai cassonetti neri dell’indifferenziata.

La politica si è mostrata imbrigliata fra quelle che erano le esigenze della cittadinanza e interessi economici di ben altra specie, incapace di prendere decisioni a lungo termine, che guardino lontano, ad una reale soluzione del problema.

Ancora oggi l’amministrazione regionale sta vagliando la proposta, presentata il 9 ottobre 2009, dell’imprenditore Manlio Cerroni, 85 anni, proprietario della discarica di Malagrotta, nella quale si indica come soluzione un sito di 40 ettari ai Monti dell’Ortaccio.

Una politica di questo tipo, è una politica cieca, che non guarda lontano, mentre si impegna a riempire ogni buco disponibile sul territorio, con la medesima “linea teorica” utilizzata dalle organizzazioni criminali, che finisce con l’ avvelenare il territorio.

Cosa succederà, sempre sperando in una buona gestione del sito, una volta che anche i Monti dell’Ortaccio saranno saturati? Riempiremo le campagne romane di collinette artificiali per la buona pace dei gabbiani?

La linea deve essere quella che già è stata tracciata in altre città, come San Francisco che punta, entro il 2020, a non portare più niente in discarica con il piano Zero Waste, un piano che Jack Macy, responsabile per la contea di San Francisco ha presentato a Roma nell’ottobre 2011, ma che i presenti al convegno sembrano non aver voluto o potuto afferrare.

Edoardo Romagnoli

2 commenti

  1. Clamoroso come alle manifestazioni di qualsiasi genere, come dici bene te, si guardi piu’ ai propri interessi che a quelli per cui realmente si sta manifestando!

  2. Mi rallegro con te per avere scelto un tema cosi importante che dovrebbe a parer mio trovare maggior spazio nel dibattito pubblico non solo locale ma nazionale. D’altronde a noi italian* piace piú star dietro alle quirinarie, al teatrino della politica, piuttosto che alla Politica. Detto questo credo che tu centri i punti giusti nella seconda parte dell’articolo, o sia la gestione totalmente sbagliata e ottusa della politica dei rifiuti a Roma. Credo che queste scelte non siano dettate da incompetenza ma da malafede e corruzione. Sappiamo quanto il mafioso capitalismo italico speculi e guadagni a danno della salute delle persone. Mi auguro che da bravo indagatore quale sei, tu ci possa offrire qualche approfondimento ( o magari qualche smentita, anche se ne dubito) a riguardo.
    Detto questo devo fare una critica alla parte iniziale del tuo pezzo. Io non mi trovo a Roma negli ultimi tempi (tu lo sai!!) ma in parte ho vissuto lo scorso anno le mobilitazione legate alla questione dei rifiuti romani, specialmente per quanto riguarda l’inceneritore di Albano. http://www.noinceneritorealbano.it/index.php?option=com_content&view=article&id=62&Itemid=76
    Relazionandomi con le realtá in lotta, che fossero comitati di cittadin* o compagn* autorganizzat* (molto spesso la distinzione non é cos’i netta come invece hai percepito in questo caso) ho capito che la logica nimby esiste ma é secondaria. Quello che tutti i comitati, in cui appunto i/le compagn* in realtá si sciolgono essendo anche cittadin*, é la ferma volontá di dire no alle discariche non solo dietro casa, ma dappertutto, per una gestione del problema non emergenzialista ma di lungo periodo, proprio come accade a San Francisco (ma anche in da in Italia) dove l’obiettivo non é quello di fare discariche con tutti i crismi o inceneritorei meno puzzolenti, ma quello di ridurre la produzione a tal punto da poter parlare di zero rifiuti.
    Queste cose i/le compagne le dicono da tanto tempo da quei lontani anni settanta che la storiografia vincitrice riduce al solo “terrorismo”, e le hanno continuate ad affermare sempre e con costanza contribuendo a dare vita anche a questi comitati. Ora se tu hai percepito questa frattura nel corteo sinceramente me ne dispiaccio, perché significa che I/le compagn* non hanno saputo comunicare bene, o stanno trascurando o alcuni di ess* stanno tracurando lun po’ la lotta. eró sinceramente non capisco di queli interessi parli il commentatore qui sopra, il Centro sociale di cui parli nell’articolo é una delle poche realtá autorganizzate di Roma Nord e si trova a Valle Aurelia, diciamo che lassú é di casa. Non mi sembra che l ex 51(é il centro sociale presente al corteo) si sia mai presentato alle elezioni.
    Per quanto riguarda i fascisti per me non dovrebbero esistere, lo sai, l’unico posto adatto sono le fogne o magari le discariche. Loro si che si presentano alle lezioni, loro si che strumentalizzano le lotte per avere consenso elettorale e che portano avanti una logica Nimby. Loro si sono catapultati improvvisamente lo scorso anno nelle assemblee dei comitati contro i rifiuti lo scorso anno, cercando di prenderne le redini e di ribalterne le pratiche di orizzontalitá.
    Scusate lse sono andato lungo.
    Un abbraccio Edo.

    nopovo

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