“Mi rivolgo ai tanti cittadini che hanno visto in me una professionista sopra le parti e quindi adeguata a rappresentare l’inizio di un cambiamento nel Paese. Sono giornalista da 30 anni e ho cercato sempre, in buona fede, di fare il mio mestiere al meglio; il riconoscimento che in questi giorni ho ricevuto mi commuove, e mi imbarazza.
Certamente non mi sono mai trovata in una situazione dove sottrarsi è un tradimento e dichiararsi disponibile un segno di vanità. Forse non si sta parlando di me, ma dell’urgenza di dare un volto a un’aspettativa troppo a lungo tradita.
Che io non avessi le competenze per aspirare alla Presidenza della Repubblica mi era chiaro sin da ieri, ma ho comunque ritenuto che la questione meritasse qualche ora di riflessione. E non è stata una riflessione serena.
Quello che mi ha messo più in difficoltà in questa scelta è stato il timore di sembrare una che volta le spalle, che spinge gli altri a cambiare le cose ma che poi quando tocca a lei se ne lava le mani. Il mio mestiere è quello di presentare i fatti, far riflettere i cittadini e spronarli anche ad agire in prima persona. Ma quell’agire in prima persona è tanto più efficace quanto più si realizza attraverso le cose che ognuno di noi sa fare al meglio.
Io sono una giornalista, e solo attraverso il mio lavoro – che amo profondamente – provo a cambiare le cose, ad agire in prima persona, appunto.”
(Milena Gabanelli)
Solo in un paese perennemente in crisi, che vive un’emergenza continua si può assistere ad uno scenario così sconsolante.
Di ieri la notizia che Milena Gabanelli è il nome uscito dalle urne delle Quirinarie promosse dal M5S, sempre che non vi sia stata una manipolazione in questi sondaggi che oltre ad essere poco rappresentativi per numero, appaiono anche poco trasparenti.
Un nome pulito, lontano dai partiti, ma soprattutto un nome al femminile che di questi tempi non guasta mai, il fatto è che Milena Gabanelli è una giornalista.
Intendiamoci non una giornalista come lo è Fini, non sulla carta lei è una in prima linea, da sempre, una che malgrado la trasmissione che conduce e con le inchieste che trasmette, di tutte le denunce subite, non ha mai perso una causa in tribunale.
Insomma una persona che, come tante in questo paese, fa bene il proprio lavoro consapevole del fatto che “quell’agire in prima persona è tanto più efficace quanto più si realizza attraverso le cose che ognuno di noi sa fare al meglio”.
Analizzando la situazione emergono due dati:
1. Il primo è che il cambiamento al quale stiamo assistendo nel nostro paese ha necessitato e necessita tuttora di essere continuamente comunicato ai più e questo, generalmente, comporta la semplificazione dello stesso “messaggio da passare”.
A. GIOVANE;
B. INCENSURATO/A;
C. LONTANO DALLA POLITICA;
2. Il secondo è la sconfitta non tanto della Politica, ma dei suoi interpreti, dai quali le persone sembrano rifuggire, dopo averli identificati come un tutt’uno, la prima di tutte le caste, la più in vista. Ecco che allora non c’è più il buon politico e il cattivo politico, c’è il politico e questo basta per darne un giudizio, spesso negativo e allora non si è più in cerca di un professionista della politica, ma di uno che con la politica non abbia niente a che fare.
Il che appare bizzarro, immaginate che una squadra di calcio viva una pessima stagione a livello di risultati e per rilanciarsi decidesse di vendere tutti i giocatori professionisti per acquistare dei dilettanti, magari vogliosi e non svogliati come i primi, ma pur sempre dilettanti.
Possiamo davvero sperare che scegliendo tutto di fretta, con un identikit scarno a tal punto, saremo in grado di prendere scelte lungimiranti e decisive nel processo di cambiamento?
Siamo davvero sicuri che spolpando quel poco di sano che è ancora rimasto nella società civile, invece di una rinascita della Politica non si rischi il definitivo stallo del paese?
Edoardo Romagnoli