SIGNOR CAPITANO,
COME CITTADINO ITALIANO, NON POSSO COMPIACERMI
CERTAMENTE DI UNA SENTENZA INSENSATA.
MA SICCOME INSENSATO ERA IL PROCESSO,
PENSO CHE ANCHE LEI SE NE POSSA CONTENTARE.
DA VECCHIO SOLDATO, E SIA PURE DI UN ESERCITO MOLTO
DIVERSO DAL SUO, SO BENISSIMO CHE LEI NON POTEVA FARE
NULLA DI DIVERSO DA CIO’ CHE HA FATTO, ANCHE SE CIO’
CHE HA FATTO E’ COSTATA LA VITA A DUE MIEI VECCHI E CARI
AMICI: MONTEZEMOLO E DE GRENET, ED ANCHE SE, NEL
MOMENTO IN CUI LEI LO FACEVA, IO MI TROVAVO
PRIGIONIERO DEI TEDESCHI NEL CARCERE DI S. VITTORE
A MILANO, DOVE POTEVO SUBIRE LA STESSA SORTE TOCCATA
AGLI OSTAGGI DELLE ARDEATINE.
NON SO COSA LEI FARA’, QUANDO SARA’ LIBERO DI FARLO.
MA QUALUNQUE COSA FACCIA E DOVUNQUE VADA,
SI RICORDI CHE ANCHE TRA NOI ITALIANI CI SONO DEGLI
UOMINI CHE PENSANO GIUSTO, CHE VEDONO GIUSTO, E CHE
NON HANNO PAURA DI DIRLO ANCHE QUANDO COLORO CHE
PENSANO E VEDONO INGIUSTO SONO I PADRONI DELLA PIAZZA.
AUGURI SIGNOR CAPITANO!
Questa lettera che Indro Montanelli scrisse nella primavera del 1996 non trovò grande spazio sui giornali, perché era e rimane una lettera scomoda, perché scritta ad una figura scomoda.
La lettera era indirizzata ad un uomo, un ex capitano delle SS, nato il 29 luglio 1913 a Hennigsdorf, una piccola città del Brandeburgo, in quella che era la Germania del Kaiser Gugliemo II, una delle nazioni più ricche di quel tempo.
Dopo essersi iscritto al Partito Nazionalsocialista, nel 1933, viene notato da Heinrich Himmler per la sua dedizione alla causa del nazionalsocialismo, che lo fece entrare nelle SS.
Qui raggiungerà in breve il grado di comandante, Hauptsturmfuhrer, e dopo l’armistizio del 1944 viene mandato a Roma sotto il comando di Herbert Kappler, nella caserma di via Tasso.
Il 14 giugno del 1944 viene nominato ufficiale di collegamento con lo Stato maggiore della Guardia Nazionale Repubblicana, con sede a Brescia.
Quando la guerra finisce, come spesso accadeva ai gerarchi fuggitivi, trova riparo in America latina a San Carlos de Barilloche, da sempre nota con il nome di Svizzera argentina.
Qui visse perfettamente integrato nella folta comunità tedesca fino al 1994.
Poi accade l’imprevisto. Nel 1994 Sam Donaldson, giornalista dell’ABC, si mette sulle tracce di un emigrante tedesco, nominato nel libro di Esteban Buch, “El pintor de la Suiza Argentina”, come uno dei responsabili delle Fosse Ardeatine.
Lì dove non erano riusciti né i cacciatori di nazisti, né le autorità dell’Interpol riesce un giornalista americano che, dopo aver trovato Reinhardt Kops, altro ex nazista emigrato, riesce, grazie alle informazioni di quest’ultimo, a trovare e intervistare proprio il nostro uomo.
L’uomo con cui parla Sam Donaldson è lo stesso uomo a cui scriverà anni dopo Indro Montanelli, è il comandante dell’Aussenkommando Romder Sicherheitspolizei un des Sd, Erich Priebke.
Poco tempo dopo l’Italia invia una richiesta di estradizione per l’ex capitano delle SS, che verrà consegnato e rinchiuso nel carcere militare di Forte Boccea, in attesa del processo.
La “sentenza insensata” di cui scrive Montanelli è quella del 1° Agosto 1996, quando pur essendo stato riconosciuto colpevole, viene assolto per sopraggiunta prescrizione, ma non è per questo che il giornalista di Fucecchio sentì la necessita di quell’aggettivo: insensata.
E’ per quello che succederà dopo.
Alla lettura della sentenza i familiari delle vittime, i rappresentanti della comunità ebraica di Roma decidono di asserragliare l’aula, tenendo in ostaggio i giudici e lo stesso Priebke.
Le critiche sulla sentenza di assoluzione piovono da tutti gli angoli del mondo e così interviene la Germania che invia la richiesta di estradizione con l’accusa di favoreggiamento al regime, tale richiesta permetterà all’Italia di tenerlo in carcere, calmando così gli animi dei “padroni della piazza”.
La Corte di Cassazione annullerà la sentenza disponendo un nuovo processo.
E’ il 22 Luglio del 1997 quando il Tribunale militare di Roma lo dichiara colpevole, condannandolo a 15 anni di carcere, è il marzo del 1998 quando la Corte d’Appello lo condanna all’ergastolo. Per vedere la fine di questo travagliato caso giudiziario si deve attendere il novembre dello stesso anno, quando la Corte di Cassazione conferma la sentenza della Corte d’Appello. L’ex capitano delle SS ha 85 anni e data l’età gli vengono concessi i domiciliari.
Eric Priebke muore nella sua casa romana l’11 Ottobre 2013, alla veneranda età di 100 anni.
Si dice che la Storia la scrivano i vincitori e forse è per questo che sui libri di Storia sembra sempre emergere netta la linea di demarcazione fra il bene e il male, tra buoni e cattivi, fra vittime e carnefici.
Il problema sorge quando, mossi dalla ferma convinzione del “mai più”, si riassume, si schematizza fino a semplificare i fatti, fino a renderli vuoti, caratterizzando in maniera netta i personaggi, talvolta trasformandoli in caricature.
Dimenticando che si parla di uomini e che gli uomini sono piccoli contenitori dell’Universo.
E così accade che dei buoni si tende a mostrare solo il buono e dei cattivi tutto il male, rischiando di ottenere il risultato opposto a quello sperato, rischiando di prestare il fianco a vecchi e nuovi revisionismi che guardano alla storia con un senso di revanscimo.
Priebke si è sempre difeso sostenendo, come Eichman e tanti altri, che non si poteva che eseguire gli ordini, soprattutto quelli provenienti da Hitler in persona, pena la morte.
Poi aggiunge un elemento molto interessante attraverso una domanda:”Cosa credete che abbiano fatto i militari americani che hanno sganciato le bombe su Hiroshima e Nagasaki, se non eseguire gli ordini?”
Non c’è dubbio che Priebke dovesse essere processato per i crimini commessi, come lo sono stati Hass e il loro superiore Herbert Kappler, e il fatto che i piloti americani che hanno sganciato le atomiche non siano stati processati non toglie nulla a questa mia convinzione. Anzi, caso mai aggiunge due imputati.
E allora perché Montanelli sente il bisogno di perorare la causa di un ex capitano delle SS responsabile della morte di 335 persone?
Forse perché il processo fatto a Priebke era l’ultimo possibile contro il nazismo, contro il male, perché questo ha rappresentato il nazismo: ha rappresentato il male.
Rappresenta il punto d’incontro di un’umanità con pochi punti di riferimento e con tanta paura di rivivere certe epoche.
E allora Priebke ha rappresentato l’ultimo dei vinti, e quello contro Priebke è stato l’ultimo processo dei vincitori.
Un proverbio indiano dice che ogni uomo ha un lupo nero e uno bianco che combattono dentro di sé e che a vincere sarà quello che nutriremo di più.
Mi sento di dire che Priebke ha preferito sfamare il lupo nero; d’altro canto non credo che i piloti americani abbiano sfamato solo quello bianco.
Ma qual’era l’alternativa?
Le alternative sembrano essere riposte: in un esercito di martiri disobbedienti o dalla fine di ogni guerra. E non so a quale delle due credere di meno.
Edoardo Romagnoli