Isis: il terrore in prima pagina

Dopo essermi trovato nel bel mezzo della notte a cercare in maniera spasmodica la versione integrale dei video di James Foley, ho deciso di non vedere più un video dell’Isis. Dopo l’11 settembre, il terrorismo internazionale ha sempre avuto un volto solo in copertina, quello di Osama Bin Laden e un nome su tutti, quello di Al Qaeda, poi dopo la cattura dello sceicco del terrore ad Abbottabad, le cose sono cambiate e adesso, nel già complesso e articolato scacchiere medio orientale, si inserisce l’Isis una scheggia impazzita, aggressiva e con cui sembra impossibile instaurare una qualsiasi forma di dialogo. Al Qaeda nasce dall’esigenza di resistere all’invasione straniera in Afghanistan, mentre l’Isis nasce con il chiaro intento di fondare uno stato indipendente, il califfato, sfruttando le tensioni già presente nel tessuto sociale dei paesi mediorientali.

Territori controllati dall'Isis
Territori controllati dall’Isis

“(…) segue un’interpretazione radicale e anti-occidentale dell’Islam, promuove la violenza religiosa e considera coloro che non concordano con la sua interpretazione come infedeli e apostati. Allo stesso tempo ISIS mira a fondare uno Stato fondamentalista, secondo i principi del salafismo, in Iraq, Siria e altre parti del Levante.” (Islamic State, nationalsecurity.gov.au. URL consultato il 17 agosto 2014.) Uno stato che ha visto la luce nel 2013 e che permette all’Isis un’indipendenza economica totalmente diversa da quella di cui godeva Al Qaeda, continuamente sovvenzionata da miliardari stile Bin Laden. Al Qaeda ha un nemico: lo straniero invasore, l’Isis ha già aperto più fronti nella sua guerra: verso l’occidente, verso le milizie di Assad, verso le minoranze sciite, ma anche verso tutti quei musulmani sunniti ritenuti troppo moderati per condurre il jihad, la guerra santa. Il dibattito su come trattare l’Isis e con l’Isis sta occupando la cronaca di mezzo mondo e preoccupando l’altra metà, una questione che tocca tutti, ma su cui decideranno i signori della diplomazia o della guerra, noi concentriamoci su un altro aspetto per niente marginale, l’aspetto mediatico di questo nuovo gruppo terroristico. Perchè la conoscenza dei media, in tutte le sue forme, rappresenta uno dei punti di forza dell’Isis. Scordatevi quelle collezioni di vhs di Bin Laden dalla grotta, con quello straccio marrone come scenografia di sfondo, questo è uno degli ultimi video dal califfato, un vero e proprio invito ad arruolarsi, prendendo parte al jihad che è iniziato. Breviario per una migliore comprensione: – Dar al Islam (la loro casa/loro)                                                                                                                  Iraq_ISIS_Abu_Wahe_2941936b – Dar al Kufr(casa nostra/noi) – Dar al Harb(casa nostra adattata a campo da battaglia dopo che sono arrivati) http://www.youtube.com/watch?v=a-XIZvCW-to Non ci saranno lunghe carrellate, accorti slow motion o, a tratti, una buona fotografia e le immagini in diretta dal campo di battaglia sono mosse e sfocate a tratti, ma d’altronde quelli sono i mezzi e le condizioni, ecco perché rappresentano una vera minaccia. Una minaccia a cui non siamo preparati, per due motivi: il primo, non concepiamo e forse non lo potremmo mai fare fino in fondo il perchè uno spazzino canadese scelga di andare a morire, in un una guerra apparentemente lontana dal suo mondo, in Siria per Allah e per il califfato, il secondo, perchè non siamo preparati ad avere un rapporto col terrore mediato, ne siamo attratti, lo censuriamo, lo pubblichiamo, ma non sapendo realmente come rapportarci. Perché il processo educativo va molto più lento di quello tecnologico e con una Ferrari che non sappiamo guidare, rischiamo di sbandare uscendo fuori strada. Col terrorismo non si tratta, almeno così sostengono gli americani quando si tratta di pagare riscatti, così si diceva anche negli anni di piombo in Italia, eppure le immagini dei terroristi fanno il giro del mondo; le decapitazioni di Foley e Sotloff hanno fatto il giro del web prima di finire su tutti i telegiornali, mentre la foto di Aldo Moro è rimasta a icona di quegli anni. Le immagini non sembrano essere trattate con lo stesso modus operandi.

11/09/2001
11/09/2001

A-man-is-allegedly-executed-by-ISIS-fighters In questi anni abbiamo visto volare persone dal 150esimo piano delle Twin Towers fotogramma per fotogramma, abbiamo visto l’impiccagione di Saddam, gli ultimi attimi di Gheddafi, i bombardamenti intelligenti su Wikileaks, i massacri in Ucraina, la raccolta dei vhs di Bin Laden e i messaggi dalle grotte, le repressioni in Thailandia, i filmati delle decapitazioni di 50 militari nella città di Raqqa, la raccolta dei corpi caduti dai cieli di Torez e tanto altro. Non abbiamo rinunciato a trasmettere tutto, alle volte per intero, alle volte censurando. Perché? Speravamo che il messaggio passasse più forte? Per completezza d’informazione? Per sensibilizzare l’opinione pubblica? E cosa abbiamo ottenuto? Per una questione di auditel? Spero e credo di no. Il video non aggiunge niente alla notizia, aiuta i terroristi alla diffusione capillare del terrore, mentre fa crescere una fame bulimica di immagini; non ci accontentiamo più di pensare alla morte, la vogliamo vedere, sentirla nella pancia, per evitare qualunque riflessione a riguardo,ma soprattutto non aggiunge niente alla notizia, se non dell’inutile spettacolo. Ecco perché non mi sentirei violato nella mia libertà ad informarmi se i video come quelli di Foley o di Sotloff non si trovassero più o non fossero più trasmessi, se decidessimo di non voler trattare nemmeno con le immagini, depotenziandole, con la speranza di non doversi più trovare nella situazione di dover scegliere se pubblicare o no.

Edoardo Romagnoli

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