La salsa verde

Di questo Natale ricordo il freddo, il freddo e la salsa verde, il resto dei ricordi me li ha portati via il cibo. Non ho ricordi nitidi dei parenti a tavola per il pranzo di Natale, anche se potrei scommettere sul fatto che ci fossero i miei genitori, mia sorella e la zia, perché quelli non mancano mai. Potrei azzardare che ci fosse anche qualche amico dei miei e solo l’intuito mi suggerisce che la cerchia si potrebbe circoscrivere agli amici del sud, perché sono soliti fare la cena della vigilia in famiglia per poi presenziare ai pranzi degli altri.

Non mi ricordo neanche quello che mi hanno regalato, forse perché non mi hanno regalato niente o una sciarpa uguale a quella dell’anno scorso, eppure mi sembra di ricordare precisamente quello che ho regalato io a loro, sarà per gli scontrini nel portafogli o per averli trascinati di stazione in stazione dentro quei sacchetti rumorosi.

La stella di Natale non c’era, né sulla porta, né come centro tavola e non perché ne abbia qualche ricordo, ma perché a mia madre non piace, preferisce mettere una composizione di sole pigne, cioè un assolo di pigne, evitando di bombolettarle d’argento.

Penso che la tovaglia fosse rossa, perché in genere mettiamo quella, ma su quale delle due tavole di casa abbia apparecchiato non potrei scommettere un euro sicuro di non perderlo.

Stessa storia vale per il servito, di solito usa il Ginori con le decorazioni floreali blu, e in altri Natali non ci sarebbe stato nemmeno il più lontano dubbio sul fatto che avesse utilizzato quello, ma quest’anno mi era sembrato di sentire che non lo avrebbe messo, per paura di rompere qualche altro pezzo del servito, dopo il piatto fondo di due anni fa e la zuppiera scheggiata l’anno scorso. Quindi sul servito, buio totale.

L’albero c’era, quello sì, quello c’è sempre, nel vero senso della parola, quell’albero non è mai stato smontato al massimo spolverato. In casa nostra era tradizione fare l’albero, prima che nascesse mia sorella, lo facevano i miei, poi quando è stata abbastanza grande lo ha fatto lei con il babbo e quando nacqui, il babbo lasciò il testimone.

Quando mia sorella si sposò, continuai a farlo da solo, ma quando la mamma seppe che a gennaio sarei partito, forse per la paura di trovarsi senza albero i Natali successi o per evitarsi la fatica di doverlo fare da sola, decise di lasciarlo così. Quindi l’albero c’era, ma solo perché c’è sempre stato.

Sul menù potrei solo tirare a indovinare e con molta probabilità qualche portata la indovinerei pure, sicuramente c’era la salsa verde, perché ha continuato a ripropormisi ogni volta che l’aria dallo stomaco cercava un’uscita risalendo l’esofago quindi, presumo, vi sia stato del lesso, magari della lingua. E se è stato fatto del lesso, ci sarà stato anche un brodo, magari dei tortellini, ma solo perché è tradizione e non perché ricordi qualcosa, sul cotechino sono sicuro: non c’era, mio padre non lo digerisce e in nessun Natale ho visto servire cotechino e non credo che questo abbia fatto eccezione, altrimenti me lo sarei ricordato.

I dolci ci sono stati, ne sono quasi sicuro, e visto che a mia zia, mia sorella e mia madre piace il pandoro, mentre al babbo opta, giustamente, per il panettone presumo che sulla tavola vi fossero entrambi e se c’era il pandro, mia madre non avrà fatto mancare la crema di mascarpone a mia sorella. Sono talmente sicuro della crema di mascarpone che, di conseguenza, non posso che dirmi sicuro anche del pandoro sul quale dev’esser stata versata a lava. E se non ci dovesse esser stato il pandoro, la crema è stata fatta di sicuro, anche all’ultimo momento, fatta da mia madre lì per lì, ma quella c’era di sicuro, per mia sorella è una di quelle poche cose irrinunciabili a Natale.

A tavola avremmo parlato di Renzi, dell’ebola, dei marò, della Cristoforetti, della Concordia portata a Genova, di quant’era bella Virna Lisi, della mafia a Roma e dei soliti scandali sparsi a giro per lo stivale e non perché è successo solo questo, ma perché solo di questo si è scritto e parlato, e lo so perché l’edicola qua di fronte ogni giorno espone un titolo e anche se non ricordo nulla, oggi, c’è ne è uno che li riassume tutti.

Adesso mi preparo per il cenone di Capodanno e spero vivamente di non ricordare niente di quest’anno, perché il primo voglio che sia il primo giorno di un anno tutto nuovo, libero da ogni scoria del passato.

– Ei, mi posso sedere qui accanto?

– Certo, la panchina è di tutti.

– Scusa le posso chiedere una cosa.

– Dica!

– Ma con chi stava parlando?

– Da solo.

– E di cosa?

– Del Natale, del Capodanno, del tempo che passa come l’acqua e di come proviamo a scandirlo.

– Grazie.

– Non c’è di che.

Perché a star qua su questa panchina a scolarmi Peroni e vino in scatola, almeno il tempo si rivela per quel che è, una scia continua, senza date, né feste, scandito solo dai ricordi.

 Edoardo Romagnoli

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