Nei giorni più freddi dell’anno è stato eletto il dodicesimo presidente della Repubblica.

Sergio Mattarella è stato eletto il 31 gennaio alla quarta votazione con il 65,9%, superando Vittorio Feltri (46 voti) e Ferdinando Imposimato (127 voti), ma anche Ezio Greggio, Santo Versace, Valeria Marini, Antonio Razzi e Francesco Guccini. Con le 665 preferenze, si piazza di diritto al quinto posto assoluto nella All Star dei presidenti, fra Giovanni Gronchi, eletto alla quarta votazione con 658 voti su 843 (78,1%) e Luigi Einaudi, eletto sempre alla quarta votazione con 518 voti su 900 (57,6%), lontano dagli 832 voti su 995 di Pertini (83,6%), ma anche dai 25 giorni che ci vollero nel 1971 per eleggere Giovanni Leone col 52% dei consensi.
E’ il primo presidente siciliano e sarà il primo presidente, causa italicum, “depotenziato” di quei pochi poteri che storicamente sono attribuiti alla carica più alta dello Stato e forse anche questo ha reso l’elezione più liscia di quanto potesse prospettarsi, perchè se è vero che la partita l’ha vinta Renzi, è anche vero che fra tutte le sconfitte che questo centrodestra ridotto ai minimi storici poteva incassare, quella sul Quirinale era la più digeribile. Renzi è un animale politico molto agile, Berlusconi non è la prima volta che sbaglia i calcoli, nonostante Verdini sia un ottimo contabile, lo ha battuto proprio in velocità facendo sua la candidatura di Mattarella, nello stretto giro di boa Berlusconi non è riuscito a trovare una contromossa ed è stato costretto alla scheda bianca.

Quello dell’ex sindaco di Firenze è stato un gioco pericoloso, ma non troppo. Una volta scelto il cavallo fra pochi intimi e averci puntato tutto, il rischio era quello di rimanere isolato con solo i voti del suo partito dove ancora “bazzicano” parecchi franchi tiratori in incognito, in realtà la situazione era propizia per quattro motivi semiseri:
1- Eleggere un ex democristiano dopo aver eletto un ex comunista è un gioco da ragazzi;
2- Alfano è ricattabile, perchè ha un partito che a fatica raggiunge l’1% e sa che se dovesse cadere il governo Renzi lui deve sbaraccare l’ufficio al ministero degli Interni;
3- Il centrodestra è spaccato, non è un caso se vi sono stati anche dei casi di franchi soccorritori in questa elezione;
4- Le minoranze di opposizioni si sono autoescluse a vicenda. Erano e sono lontane le une dalle altre e barricate dietro posizioni irremovibili; (la Lega con Feltri e il M5S con Imposimato)
Il risultato è stato che la maggioranza di governo: PD, AP, SC e PSI, nonostante le dimissioni del capogruppo di Area Popolare al Senato Maurizio Sacconi, vota compatta Mattarella, raggiungendo e superando il quorum, mentre Forza Italia, non in toto, continua e votare scheda bianca, la Lega Feltri e il M5S Imposimato.
Le prime poche critiche che sono state mosse da subito sono state quella di:
1- Essere un rettiliano;
2- Essere una figura da prima Repubblica, ex Dc taciturno;
Sulla prima mi avvalgo della facoltà di non rispondere, anche se non avrei niente in contrario ad un presidente lucertola, mentre sulla seconda non c’è niente da eccepire, Mattarella è indiscutibilmente uno dei tanti figli della prima Repubblica, come lo sono stati la maggioranza dei presidenti eletti, ma direi che l’anzianità non sia uno svantaggio nel curriculum di un presidente della Repubblica. Mentre sul versante Dc mi sento di scrivere solo una cosa: Pari e patta. Dopo un presidente ex comunista, non potevano che tornare alla normalità ed eleggere il sesto democristiano al Quirinale. Anche se Wikipedia ha “catalogato” Mattarella nella categoria dei Presidenti indipendenti assieme a Ciampi.
Sergio Mattarella è un buon nome e la sua storia personale ci suggerisce che sarà perfettamente in grado di assolvere ai compiti che lo aspettano nelle sue nuove vesti di arbitro notaio, ma ciò che resterà di questa elezione è la capacità di non stravolgere antichi equilibri, messa agilmente in mostra proprio dall’uomo del cambiamento.
Edoardo Romagnoli