Dalla polvere alla polvere

Mentre spulciavo nel mio hard disk nel vano tentativo di fare pulizia, ho trovato un file dal titolo: “Dalla polvere alla polvere”, con quell’ottimismo di sottofondo che riconosco pienamente mio. Un piccolo saggio, diciamo un saggetto che vorrebbe dimostrare come vi sia un parallelo fra la figura di Masaniello e quella di Wanna Marchi. Un compito a casa che mi avevano assegnato durante il master e che, come spesso accade per i compiti svolti, nessuno ha avuto il buon gusto di correggere. E così, anche solo per onorare lo sforzo e l’impegno, ve lo ripropongo così come l’ho ritrovato, sparso dentro un hard disk polveroso.

ESERCIZIO 2.

La fantasia permette, attraverso l’astrazione, voli pindarici, nei quali i confini dell’orizzonte possono essere delimitati dall’infinito e così possiamo trovare, nel volo, la giustificazione per un paragone fra un Boeing 747 e un pappagallo.

Oppure fra due vite di caratura e epoche diverse come quelle di Tommaso Aniello d’Amalfi, detto Masaniello e Wanna Marchi.

Già, ma cosa li accomuna nel volo?

Per prima cosa il nido.

Masaniello

Tommaso nasce a Napoli, in un quartiere popolare, Vico Rotto a Mercato, nel giugno del 1620, mentre Wanna nasce a Castel Guelfo di Bologna nel settembre del 1942.

Il primo cresce nel cuore pulsante di una delle metropoli più popolose d’Europa, figlio di una massaia e di un pescatore, due fratelli minori ed una sorella.

Si mise subito a lavorare con il padre, vendendo il pesce al minuto, anche se l’attività più redditizia restava il contrabbando, attraverso cui riusciva a servire gran parte della nobiltà feudale napoletana.

La seconda cresce in una piccola casa nella campagna romagnola, nella quale vive con altre 12 persone fra genitori, zie e nonni, fino alla morte del padre.

All’età di 15 anni Wanna si trasferisce nella periferia bolognese e comincia a lavorare come estetista, con in tasca il diploma della quinta elementare.

Masaniello viene scoperto a contrabbandare e incarcerato. Grazie a Marco Vitale, conosciuto in carcere, verrà in contatto con una figura chiave per la sua ascesa a capitano generale del popolo, don Giulio Genoino.

Un prete ormai ultrasettantenne che nel 1619 venne chiamato dalla nobiltà a difendere i diritti del popolo.

Anche Wanna Marchi, nella sua vita, ha avuto un incontro di quelli che cambiano la vita, quando, a 19 anni, sposa Raimondo Nobile, un benestante imprenditore ventisettenne che le darà una vita agiata e due figli: Maurizio e Stefania.

Il matrimonio durerà 27 anni, quanto basta alla Marchi per sfruttare le conoscenze del marito, inserito in molti ambienti, anche in quello dello spettacolo.

Masaniello visse in un’Italia sconvolta da numerosi tumulti popolari, in una Napoli vessata dai dazi imposti dalla nobiltà spagnola ed è facile capire i motivi che lo spinsero, sotto la guida del suo mentore, ad organizzare la rivolta.

Una rivolta che lo porterà, acclamato dal popolo, l’11 Luglio 1647, a Palazzo Reale per incontrare il vicerè.

Da questo momento la sua vita cambierà, dopo aver smesso i panni da pescivendolo e indossati quelli da nobiluomo, inizierà il suo breve regno.

wanna-marchi

Sono gli anni Ottanta e Wanna Marchi, stanca del ruolo di moglie e madre, entra nel mondo delle televendite, dove subito si fa notare, guadagnandosi il soprannome di “ Forrest Gump”.

Comincia con alcune trasmissioni, su reti locali, dove i suoi show per vendere miracolosi prodotti dimagranti, le fanno ottenere una prima significativa visibilità.

Tanto che a cavallo fra la fine degli anni Ottanta e Novanta il suo nome, legato alla sua immagine, entrerà a far parte della cultura popolare del paese. Prima un gruppo incide un singolo con le sue frasi cult, poi viene chiamata ad interpretare una piccola parte in una parodia dei Promessi Sposi, fino al cinema con Alfredo Arcieri che la vuole nel suo film del 1998, Dio c’è.

Rai, Fininvest, ospitate da Costanzo, da Biagi, un fenomeno che, come se non bastasse, viene preso sotto l’ala protettiva da Antonio Ricci che ne aumenterà la portata, facendola diventare un cavallo di battaglia su Striscia la Notizia.

Le viene addirittura proposto di vendere i biglietti della lotteria a Fantastico, un evento che segna una svolta, da qui Wanna Marchi capisce che si può vendere un bene ancora più etereo di una crema: si può vendere la fortuna, la speranza.

E così dopo l’arresto, nel 1990, per bancarotta fraudolenta, comincia a lavorare come dipendente del Marchese Capra de Carrè.

Nel frattempo il regno di Masaniello sta iniziando ad incrinarsi, arrivano le prime accuse di pederastia, i primi segni di uno squilibrio che lo porterà ad essere ucciso.

Qui la storia si divide, alcuni vorrebbero che la causa della follia di Masaniello fosse da attribuire ad un potente allucinogeno somministratogli durante un banchetto nella reggia. Altri indicano in una follia causata dall’improvvisa ascesa al potere e dalle conseguenze che questo repentino cambio di vita gli provocò.

Masaniello muore tradito dal suo mentore e dai suoi più cari amici, proprio coloro che lo avevano appoggiato durante i giorni della rivolta.

La figura del pescatore diventato re venne riabilitata appena i privilegi per il popolo, da lui introdotti, scomparvero il giorno dopo la sua morte.

I funerali furono solenni e celebrati dal vescovo in persona, mentre la bara venne abbracciata da tutta la città, accorsa a piangerlo.

Wanna Marchi fonda la Asciè s.r.l nel 1996, tra i soci figurano sua figlia Stefania e il Mago Mario Pacheco Do Nascimiento, inizia il periodo esoterico della teleimbonitrice.

Abbandonate le creme si concede ai tarocchi e nel tempo libero dispensa numeri da giocare al lotto; come aveva capito tanti anni prima: la gente ha bisogno di speranza e sarà lei a venderla.

Fino al 4 marzo del 2009 quando la Corte di Cassazione mette la parola fine all’impero della regina delle teleimbonitrici.

Wanna Marchi viene condannata a 9 anni e 6 mesi, la figlia Stefania Nobile a 3 anni e 1 mese, mentre Francesco Campana, convivente della Marchi, se la cava con 1 mese e 20 giorni.

Due vite parallele seppur vissute in epoche storiche differenti, l’uno nella Napoli di metà Seicento, nella società dominata dall’ancien regime, l’altra nell’Italia della lira, dominata dalla società dello spettacolo.

Due vite partite dal basso, per arrivare a ruolo di capopopolo, una veloce ascesa e una rapida discesa in picchiata verso il fango e poco importano riabilitazioni o condanne. Il fango macchia.

Traditi da chi li aveva sponsorizzati, Masaniello da Genoino, la Marchi, dallo show business con Ricci e Striscia in primis, rinchiusi in carcere, tutti e due hanno dato modo al popolo di specchiarsi in loro.

Entrambi vengono accusati di follia e le ragioni non mancano ne all’uno ne all’altra. Del pescatore diventato capo popolo si ricorda un lancio di un coltello alla cieca nella folla, della Marchi basta solo ricordare l’investimento da più di un miliardo di lire, soldi del marito, per un profumo che portava il suo nome, ma di cui nessuno ha ricordo.

In ultimo è interessante notare come le giustificazioni che i due adducono in loro difesa siano molto simili. Masaniello dal pulpito della Basilica del Carmine dà di ingrato a quel popolo che prima del suo avvento era ridotto in schiavitù e ridotto alla fame, mentre la seconda dalle aule di tribunale e dal blog, appena chiuso, si difende con le stesse argomentazioni, rappresentandosi come una vittima, lei colpevole solo di aver affrancato il popolo dalla schiavitù della cellulite, di aver provato a ridare speranza con i numeri del lotto.

Sono accomunati anche dall’eco internazionale che le vicende hanno scatenato, la fama della tele imbonitrice sconfina in Oriente fino in Giappone, dove hanno messo in scena una soap sulla sua storia, mentre sul Cromwell partenopeo si sono spesi vari scrittori, cantanti e sceneggiatori di tutto il mondo.

Insomma sembra che i due abbiano avuto molte esperienze in comune, ma in realtà non è così, o almeno non più di quanto Masaniello potrebbe averle con Craxi o Leo Messi con Mario Adinolfi.

Le vicende umane si assomigliano perché rispondono tutte ad equilibri prestabiliti, a regole non scritte che ci accomunano come specie, cicliche come cicliche sono le epoche e le vicende che si alternano e si ripresentano uguali nei secoli.

Il fatto più interessante di questo “Esercizio di stile” degno di Queneu non è da osservare sul palco, ma in platea.

Una platea divisa da secoli di storia, unita nella richiesta di un bisogno e nel desiderio ardente di vederlo realizzare, grazie a qualcuno di forte, un capopopolo che possa fungere da capro espiatorio se qualcosa va storto.

Ecco perché preferisco concludere che fra Wanna Marchi e Masaniello, l’unica vera cosa in comune è il pubblico che hanno circuito per ottenere ciò che volevano. Un pubblico che sembra anche essere peggiorato in quanto a spirito critico.

Edoardo Romagnoli

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